Dall’alto tutto tace, Maternità Cernusco operativa

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Su questa decisione della Regione siamo stati da subito contrari nel merito, e continuiamo ad esserlo.

Su questa decisione della Regione siamo stati da subito contrari nel metodo: tra la delibera e la data fissata per l’entrata in vigore intercorrevano solo due mesi e mezzo, un tempo ridottissimo, che spiazzava sia i lavoratori che le partorienti che da parecchi mesi avevano programmato di partorire a Cernusco. E continuiamo ad esserlo: a 13 giorni dalla data fissata per la chiusura (illegale) del punto nascita di Cernusco, ai dipendenti del reparto non è ancora arrivata alcuna comunicazione ufficiale. Il reparto resta pertanto operativo – e questo è un bene – ma troviamo scandaloso che nessuno si prenda la responsabilità di fare chiarezza, per rispetto ai lavoratori e alle mamme, che stanno chiamando numerose per chiedere notizie.

Dati i tempi strettissimi tutto lascia presagire quantomeno ad un allungamento dei tempi inizialmente previsti, ma manca qualunque tipo di ufficialità in proposito, lasciando tutto e tutti nell’incertezza.

Nel frattempo i dipendenti della Maternità di Cernusco proseguono la loro normale attività, e hanno ricevuto i turni di lavoro per il mese di gennaio. Le donne che hanno il termine a cavallo del nuovo anno non devono avere dunque motivo di preoccupazione.

E non solo il reparto resta attivo e operativo, ma ancora una volta centra gli obiettivi prefissati! Ieri il numero di parti ha superato quota 538, superiore al limite di 500 annui fissato dal Ministero della Salute come criterio per gli accorpamenti e anche alla “previsione” citata dall’Assessore Mantovani in Consiglio regionale.

Ma anche la qualità migliora, dato che la percentuale di tagli cesarei (altro criterio presente nelle linee guida del Ministero)  è ulteriormente scesa dal 26,9% (media 2011-2013) al 22,4% (contro una media regionale del 28% e una media dell’ospedale di Melzo del 36%).

Insomma, nonostante la notizia di una imminente chiusura, nonostante le dichiarazioni ostili di Azienda ospedaliera, ASL e assessore regionale alla Sanità, nonostante silenziosamente da due mesi le strutture dell’ASL abbiamo iniziato a scoraggiare le gestanti dal rivolgersi a Cernusco, nonostante la totale indifferenza alla vicenda dell’attuale primario di reparto dott. Losa, nonostante tutto questo, il punto nascita di Cernusco ha avuto un numero di parti in linea con il trend nazionale delle nascite, e ha migliorato ulteriormente la qualità – già unanimemente riconosciuta – del proprio lavoro.

Questo dev’essere motivo di orgoglio per tutto il personale del reparto, e di riflessione profonda per tutta la popolazione della Martesana.

Il punto nascita di Cernusco funziona bene, e ha tutte le caratteristiche per poter diventare il punto nascita unico della Martesana. E’ già attrezzato per farlo, con un reparto completamente rinnovato 11 mesi fa e ampliato da una nuova sala parto con sala operatoria attigua per le urgenze.

Melzo – non per demerito del proprio personale ma per le ragioni esposte qui – non riuscirebbe mai ad attirare un numero di parti sufficiente a passare dai 400 attuali ai 1000 che sono il traguardo da raggiungere per evitare una successiva chiusura tra due anni.

Chiudere Cernusco equivale a chiudere anche Melzo.

Superiamo i campanilismi e pensiamo all’offerta del nostro territorio. Pretendiamo che le decisioni che vengono prese siano trasparenti e logiche e che non lascino spazio al sospetto che dietro di esse possa annidarsi la volontà di deviare altrove i circa 1500 euro che il Servizio Sanitario rimborsa agli ospedali per ciascun parto.

Diffondi queste informazioni tra amici e parenti, lasciaci un commento sulla nostra pagina Facebook, iscriviti al gruppo Facebook ufficiale del Comitato “Salviamo la Maternità” e firma la sua petizione, già più di 6500 persone l’hanno fatto, in poco più di un mese e mezzo.

Non subire le cose che riguardano da vicino te, o tua moglie, o riguarderanno i tuoi figli e le tue figlie, occupatene, e se pensi che vadano male, agisci per cambiarle. A volte basta un “mi piace” su una pagina Facebook e una firma su un foglio per fare la differenza.

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